lunedì 20 giugno 2011

Terra di Sardegna: poche idee e ben confuse

Le vacanze fuori stagione (o presunte tali) mi esaltano non poco. Parti carico come trottola e torni fresco e riposato (almeno mentalmente) tanto da suscitare le invidie della gente che si è consumata usualmente tra casa e lavoro.
La Sardegna non è mai stata una terra che ha attirato le mie attenzioni in maniera particolare: ho sempre pensato che vi fosse un contrasto marcato tra la Costa Smeralda (popolata dai Billionaire) e la barbagia (popolata da piante di sughero e poco altro).
Evidentemente l'ignoranza regnava sovrana nella mia testa, nonostante fossi stato a Porto Rotondo e dintorni per ben 2 volte (Billionaire still rulez).
Dopo 3 ore di auto (Monza-Livorno) e 6 di traghetto approdiamo a Golfo Aranci: viaggio tutto sommato comodo, nonostante la schiera di vecchiardi che mi anticipano sul ponte fottendomi postazioni strategiche per dormire. La logistica del garage della Sardinia Ferries non ci riserva poi una posizione di pregio, anzi: saliamo in macchina e attendiamo una buona mezz'ora prima di guadagnare la banchina del porto. Seguono altre 2 ore di auto per raggiungere CastelSardo. Qui cominciano a cadere alcune delle mie supposizioni sulla terra di Sardegna: l'interno è un trionfo di zone verdi (almeno quante sono le curve tra Olbia-Tempio Pausania e Castelsardo).
La costa nei dintorni di casa è un piacevole alternarsi di scogli, calette e lunghi tratti di spiaggia. Tutto sommato era quello che avevo visto zoommando su Google, niente di nuovo. La casa poi conferma ancora una volta il mio buon fiuto nel trovare soluzioni adattate all'uopo (praticità e convenienza). Le certezze finisco qui, se infatti rimango piacevolmente sorpreso dalla vegetazione sarda non lo sono altrettanto del clima. Il famoso vento del Nord (non quello di Bossi) è presente ma non fastidioso fintanto che il sole splende. Ecco il sole, arriviamo al punto dolente. Il tempo fa quasi schifo: un alternarsi di nuvole, scrosci d'acqua e sparate di sole che ti costringono a passare in poco tempo dal costume all'ombrello, dall'acqua alla giacca. Nei giorni successivi la solfa non cambia e passo più tempo a controllare le pagine del ilmeteo.it piuttosto che godermi il dolce-far-niente vacanziero. I bagni sono poi una sfida contro le calamità naturali: l'acqua è gelata e nonostante non riesca a sottrarmi al rito del tuffo giornaliero, starci dentro per più di un minuto risulta um'impresa titanica. Il vantaggio di queste condizioni di inizio giugno sono la straordinaria sensazione di raggiungere spiagge praticamente deserte e godersi il paesaggio e la purezza dell'acqua prima che le orde di Augustani ne deturpino la naturalezza. Lo scotto di questa evanescente presenza turistica si paga ovviamente con un'assenza quantomeno imbarazzante di attività serali, che non vanno oltre il classico gelato da suggere velocemente sotto l'insegna luminosa.
Una paio di parentesi per chiudere il racconto, in attesa di qualche foto di prossima pubblicazione.
Stintino è uno spettacolo (merita la copertina di questo post). La spiaggia della Pelosa entra di diritto in uno dei posti più belli che i miei occhi abbiano ammirato. Peccato per il parcheggio da 2euro/ora (scampato) e per i Vù Cumprà (già dispiegati in forze e piuttosto insistenti), ma la spiaggia di sabbia finissima circondata da acqua cristallina e il sottofondo dei gabbiani che volano verso l'Asinara è veramente notevole. Capitolo Asinara. Mi ero caricato di aspettative superiori, ma nonostante l'assenza di trasporti pubblici (almeno a giugno) è stato un soggiorno tormentato ma molto particolare: sembra di stare sul set di Lost. Si passeggia tra costruzioni diroccate abitate da asini albini e non è così raro imbattersi nei mufloni. Il mare anche in questo caso regala sensazioni forti (freddo incluso).

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